
Nei giorni scorsi la pm milanese Annamaria Fiorillo ha disposto l’allontanamento del figlio di Martina Levato subito dopo il parto avvenuto il giorno di ferragosto alla clinica Mangiagalli.
La pm ha chiesto che il bambino venga dichiarato in stato di abbandono per totale e irreversibile incapacità ed inadeguatezza della madre e del padre a svolgere funzioni genitoriali e starà al tribunale dei minori decidere nei prossimi giorni che sorte toccherà al bambino e ai genitori.
Ho letto molti articoli e commenti critici sulla decisione della procura accompagnati da una certa retorica sulla maternità. Martina Levato che nel dicembre scorso deturpò un uomo con la complicità di Alessandro Boettcher, padre del neonato, è stata condannata a 14 anni di reclusione. I periti l’hanno giudicata capace di intendere e di volere ma con una personalità dai tratti borderline. Prima di quell’aggressione aveva commesso atti violenti contro un altro uomo.
La decisione di Annamaria Fiorillo colpisce duramente ma dobbiamo con onestà domandarci se al di là della retorica, la maternità possa sanare ogni fragilità, problematiche, patologie e sia capace di colmare i vuori dell’anima in virtù dell’amore per un figlio. O forse la maternità non è mai solo un esperienza luminosa ma qualcosa di più complesso che insieme alla sorpresa, alla tenerezza, al legame che si instaura giorno dopo giorno con il figlio o la figlia, porta sentimenti contrapposti e altrettanto potenti fra i quali l’amore deve farsi strada. Si può essere madri sufficientemente buone se ci sono risorse psicologiche adeguate e capacità di sintonizzarsi sui bisogni del bambino o della bambina che chiedono attenzioni costanti.
Ci auguriamo di cuore che questa giovane donna non sia abbandonata a sé stessa e sia aiutata a ritrovarsi in un momento tremendo della sua vita. Chi ha un minimo di sensibilità non può certo compiacersi di una decisione che la procura ha preso senza l’ intenzione di infliggere a Martina Levato una ulteriore pena ma dopo averne valutato le capacità genitoriali. Tutto il resto temo sia solo frutto di identificazioni (chi con la madre e chi con il figlio) che in questa storia immensamente tragica sono una zavorra inopportuna.