
E ora basta! Dall’Irlanda alla Polonia le donne scendono in piazza per dire stop a divieti e condanne penali per coloro che abortiscono e chiedono riconoscimento della autodeterminazione. Ieri le polacche, nella giornata che è stata chiamata blackmonday, hanno riempito le strade di Varsavia, Cracovia, Danzica e altre città contestando il progetto di legge promosso dalla maggioranza assoluta del partito conservatore Diritto e giustizia (Pis) capeggiato da Jaroslaw Kaczynski che intende limitare l’attuale legge sull’aborto rendendolo illegale e punendo le donne che abortiscono con il carcere, fino a 5 anni. Lo hanno chiamato @CzarnyProtest: la Protesta nera. Vestite di nero hanno manifestato e indetto anche uno sciopero lasciando i figli a casa con nonni e mariti per far assaggiare il peso del lavoro delle donne, quello produttivo ma anche quello di cura, non pagato. Come le donne islandesi che nel 1975 paralizzarono il loro Paese con uno sciopero per battersi per i loro diritti.
Oggi le polacche possono abortire solo in caso di stupro, incesto, malformazioni del feto e pericolo per la salute ma dopo la verifica di un procuratore. La legge di Kaczynski se sarà approvata sarà liberticida perchè imporrà alle donne addirittura verifiche sugli aborti spontanei. Una vera e propria moderna inquisizione. Il partito di maggioranza polacco (Pis) ha risposto col pugno di ferro contro una richiesta di maggiore libertà delle donne perchè il parlamento polacco aveva anche discusso e bocciato altre proposte di legge che andavano nella direzione di riconoscere l’autodeterminazione delle donne in tema di aborto. Del resto la stima degli aborti clandestini a cui le donne polacche devono purtroppo ricorrere si aggirerebbe intorno ai 150mila contro i 1500 all’anno che vengono eseguiti nel rispetto dell’attuale legge.
Anche le donne irlandesi hanno manifestato il 24 settembre scorso contro l’8° emendamento della Costituzione che venne introdotto nel lontano 1983 per equiparare i diritti del feto a quello delle donne e punisce l’aborto con 14 anni di reclusione. Le irlandesi (Repubblica Irlandese) possono sottoporsi ad ivg solo in caso di imminente pericolo di vita della madre ma va ancora peggio per le donne dell’Irlanda del Nord che rischiano addirittura l’ergastolo. Nella Repubblica irlandese è noto il caso di Savita Halappanavar che morì in seguito ad una setticemia perchè i medici della clinica Galway University dove era ricoverata per dolori all’addome, attesero tre giorni prima di praticarle un aborto. Perché? Operarono solo dopo che il battito del feto non si sentì più.

Le donne spagnole dovettero fare la loro resistenza. Io Decido, fu un movimento che si oppose ai tentativi del governo Rajoy di abrogare la legge sulla Ivg approvata dal governo Zapatero. La proposta presentata dal Alberto Ruiz Gallardon nel dicembre 2013, era restrittiva e se fosse stata approvata avrebbe permesso l’aborto medicalmente assistito solo in caso di stupro o per la salvaguardia della vita fisica o psichica della donna. Il colpo di coda reazionario di Rajoy si arrestò sulle forti proteste delle spagnole.
In Italia sappiamo come va. La strategia di limitare l’autodeterminazione delle donne non è stata frontale e diretta ma attuata con lo svuotamento della legge 194 fatta ad arte con l’obiezione di coscienza. Oggi in alcune regioni italiane non è difficilissimo abortire a causa dei medici obiettori arrivati ad essere il 90% del personale medico. Mentre l’aborto torna ad essere clandestino, il ministero della Salute continua a negare stime e denunce di disapplicazione della legge.
Dopo le donne irlandesi, polacche e spagnole sta a noi riprenderci la forza e lo potremo fare a Roma, il 26 novembre prossimo alla manifestazione nazionale contro la violenza alle donne. Perchè anche contrastare l’autodeterminazione in tema di procreazione e mettere a rischio la salute riproduttiva delle donne è violenza, di Stato.
@nadiesdaa