…..Non permetto alla donna di insegnare nè di dettar legge all’uomo, ma se ne stia in pace. Prima, infatti, fu formato Adamo e solo dopo Eva; e non fu Adamo ad essere sedotto, ma fu la donna che sedotta, si rese colpevole di trasgressione. Tuttavia ella si salverà purché perseveri nella fede, nella carità e nella santità con discrezione. Dalla Prima lettera ai Timoteo
“Ogni donna impudica sarà calpestata come sterco nella via” – Bibbia, Siracide IX, 10
Chiedo scusa se commento a distanza di ormai quasi due mesi, un articolo di Emanuela Becchis, psicologa dirgente dell’Ausl di Roma, pubblicato sul supplemento del Manifesto (Il corpo del delitto) in edicola in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza alle donne, lo scorso novembre. Mi aveva suscitato alcune perplessità. Nel testo avevo letto delle argomentazioni molto discutibili come: l’accusa di ideologizzazione del problema là dove si focalizza sugli autori delle violenza, paventando il pericolo di uno “scontro di genere”(?); l’accento sulla “corresponsabilità nella violenza” delle donne e, infine, giudizi morali sui comportamenti delle vittime di violenza con un forte richiamo al “rispetto” nei confronti degli uomini, quando si chiudono relazioni sentimentali. Mi sono detta che la direttora del Manifesto doveva aver preso una bella svista pubblicando quell’articolo. I Centri antiviolenza, trentanni fa, aprirono le porte alle donne rivittimizzate da questa analisi del fenomeno della violenza. Accusate di sadomasochismo, di comportamenti provocatori, investite della responsabilità di poter fermare le violenza del compagno. Come? Semplicemente cambiando i loro comportamenti, scelte, idee in funzione dei desiderata del compagno, marito, fidanzato.
Accade ancora oggi che istituzioni e professionisti/e colludano con l’autore di violenza quando dividono la responsabilità della violenza tra vittima e autore di violenza che, spesso, accusa la compagna di essere causa della sua perdita del controllo. E purtroppo ci sono psicologi o psicologhe che contravvenendo al buon senso, oltre che a direttive internazionali, propongono una terapia di coppia o peggio, una mediazione di coppia. Ma su cosa si va a mediare?
Nei Cam (Centro ascolto maltrattanti) rendono coscienti gli uomini che la responsabilità è di chi commette gli atti di violenza. Mi è venuto in mente cosa disse a Mario De Maglie, psicoterapeuta del Cam di Firenze, un uomo che maltrattava la compagna: ho in me un lupo in una gabbia ma è lui che ha le chiavi. Se gli stessi uomini che seguono i percorsi nei Cam, ammettono la difficoltà di arginare la loro rabbia e distruttività quando sono in conflitto con la partner, come è possibile che quelle chiavi possano essere nelle mani delle loro vittime?
Quanto al pregiudizio duro a morire, così pare, della “provocazione”, coltivo il vizio di pensare che tra un ego maschile ferito e la conseguente morte di colei che ne ha causato la ferita (o si presuppone lo abbia fatto) ci sia un baratro, un gap reso invisibile dalle disparità di potere tra uomini e donne. L’occasione di fare una riflessione , è capitata a fagiuolo dopo la lettura del commento di un giovane che su facebook ha colpevolizzato la donna ustionata dal suo ex, il 9 gennaio, a Messina.
Vi chiedo di leggere il commento del giovane su fb, forse coetaneo dell’aggressore e l’estratto dell’articolo di Becchis. Troverete delle affinità.
Il giovane scrive:
Becchis nel suo articolo sul supplemento Il corpo del reato scrive:
“Altro aspetto da analizzare, è il fatto che molte donne – soprattutto tra le generazioni più giovani – ritengano caratteristica di “parità e uguaglianza” poter instaurare rapporti totalizzanti e mediamente lunghi per poi interromperli bruscamente con motivazioni, a volte, superficiali o banali o, al contrario, legarsi brevemente e ripetutamente in una continua ricerca di “emozioni più forti” per ricercare visibilità nel gruppo dei pari o sociale – riconoscimento edonistico che rafforzi il proprio sè – senza valutare la sofferenza che si procura all’altro e il rispetto che gli si deve, anche in conclusione di una storia. Lo smarrimento, il dolore, la rabbia il senso di squalifica e impotenza che tali atteggiamenti provocano in molti uomini soprattutto i più giovani, emergono di frequente nel corso delle sedute di psicoterapia. …Tali caratteristiche ci conducono ai meccanismi collusivi alla base della formazione della coppia: infatti, di tutto ciò non può non esserci traccia comportamentale. I comportamenti che anticipano la violenza sono probabilmente, sottovalutati e non visti” . E ancora “Sono consapevoli le donne, del potere dirompente sull’altro che può avere un commento di disprezzo tipo “sei un fallito”?
La dottoressa si riferisce alle dinamiche di coppia che scatenerebbero la violenza contraddicendo un dato di realtà: uomini che agiscono violenza sono nella stragrande maggioranza dei casi violenti nei confronti di qualunque donna (e non solo). E’ irrealistico pensare che siano uomini rispettosi, empatici, e amorevoli con alcune donne e che si trasformino improvvisamente in spietati assassini o violenti con altre che li tirerebbero fuori dalla “grazia di Dio” con i loro comportamenti …..o “provocazioni”?
Del resto che le offese all’ego e al narcisismo maschile siano e siano state sovente pagate a caro prezzo dalle donne, non è certo una novità dei nostri giorni e fa parte di una storia che ben conosciamo fatta di disparità di potere, gerarchie, subordinazione femminile, obbligo di prendersi cura dei bisogni maschili al di sopra di ogni cosa, anche e soprattutto di sè stesse. Nei Paesi occidentali fino al secolo scorso il delitto d’onore incontrava il favore della legge: si chiama cultura del femminicidio. In buona parte del resto del mondo è ancora lecito lavare col sangue delle donne, il disonore o la sofferenza maschile anche senza “battute di caccia edonistiche finalizzate a rafforzare il proprio sé”.
Non è il comportamento delle donne la causa scatenante della violenza o meglio, lo diventa in una cultura e in una società che le oggettivizza e deumanizza perché le vuole soggetti subordinati. Quando le donne si sottraggono al dovere di accudire gli uomini, di renderli felici, di occuparsi del loro benessere e del loro ego, di non abbandonarli e di non ferirli, quando si comportano “egoisticamente” come vengono percepite e come vengono invece percepiti gli uomini che allo stesso modo si comportano?
Se la sottrazione al dovere di rendere felici gli uomini e di soddisfare i loro bisogni, continua ad essere una trasgressione talmente grave da esporre le donne (ancora oggi!) al rischio di rappresaglie o di morte, dobbiamo puntare il dito sul problema del potere maschile e metterlo al centro di ogni riflessione e analisi sulla violenza.
Tutto il resto è patriarcato o quel che ne resta.
@nadiesdaa
Ma non esistono altrettanti uomini che instaurano “rapporti totalizzanti e mediamente lunghi per poi interromperli bruscamente con motivazioni, a volte, superficiali o banali”? Non ci sono altrettanti uomini che si legano “brevemente e ripetutamente in una continua ricerca di “emozioni più forti” per ricercare visibilità nel gruppo dei pari o sociale – riconoscimento edonistico che rafforzi il proprio sè – senza valutare la sofferenza che si procura all’altro e il rispetto che gli si deve, anche in conclusione di una storia”? E se ci sono – come ci sono donne che lo fanno – perché non ci sono altrettante donne che li danno alle fiamme o li massacrano di botte o li gettano dalla finestra l’ultimo dell’anno?
ma Ricciocorno non capisci? “Sono uomini”…loro possono!…. quell’articolo pare scritto dalle associazioni dei Padri separati …stessi concetti…pessimo testo
sono d’accordo nella sostanza con il post di Nadia Somma. Più che “oggettivazione” io direi che che alcuni uomini vedono la compagna come un sostituto della figura materna che pertanto non li può lasciare ma la colpa è di questi uomini e di come sono stati cresciuti, sono uomini che non sanno amare. E non è detto che gli uomini violenti verso la compagna siano violenti “verso tutti”, anzi,. il tipo che fa a botte con altri maschi a volte è lo stesso che picchia la fidanzata ma non è detto, ci sono uomini aggressivi, che sono o si atteggiano a “machi” che alla compagna non torcono un capello viceversa ci sono uomini che fuori casa sembrano “buoni e gentili” incapaci di far male a una mosca e dentro casa invece..quindi è veo che chi agisce violenza sulla compagna spesso è stato violento anche verso precedenti compagne ma non è detto che sia violento verso chiunque o in generale. Su tutto il resto, concordo
ok. grazie
Buonanotte a tutti e a tutte
Ciao Nadia.. Sono felice di aver trovato questo tuo spazio, ti seguo, ti ammiro e ti stimo sulle pagine de “Il Fatto”. Ti volevo porre una mia riflessione.
Se prendiamo il commento di quel cretino su fb, che hai pubblicato.
Se si aggiunge questo, https://ilmaschiobeta.wordpress.com/2017/01/12/la-nuova-frontiera-dello-stupro-virtuale-sbarca-in-italia/
Se si condisce con alcuni commentatori del fatto che probabilmente non si rendono nemmeno conto della gravità di quello che dicono. E tanto altro che si trova sul web.
Considerando che gli uomini che conosco io, amici e colleghi, non sono questi, per lo meno non appaiono in quel modo.
Mi chiedo, quali sono i veri uomini? Quelli che incontro tutti i giorni o quelli che sfogano le loro frustrazioni su internet? Sono gli stessi che il giorno si presentano in un modo e poi da soli davanti a una tastiera vomitano tutto il loro vero essere? C’è da avere paura o sono solo alcuni dementi che si sono giocati gli unici neuroni che avevano con i film porno?
Quello che mi spaventa ancora di più, che c’è sempre uno psicologo, un sociologo, un giornalista, un filosofo un qualsiasi che li giustifica e li normalizza. Ciao!
“quali sono i veri uomini?”
la domanda è sbagliata poichè non esistono i “veri uomini” e le “vere donne”, esistono gli uomini e le donne, e tra loro ci sono brave persone (più o meno) e stronzi (più o meno)
Ciao Giulia,
grazie per il commento e l’attestato di stima. Sappiamo che ci sono uomini non violenti, non misogini, incapaci di violenza e uomini che invece vivono con difficoltà le relazioni di intimità fino a commettere atti di violenza. Sono più preoccupata dei portatori “sani” e delle portatrici “sane” di sessismo, pregiudizi di genere, stereotipi, sessismo soprattutto quando operano dentro le istituzioni e senza averne coscienza colludono con la violenza contro le donne e il femminicidio. Il punto da cui cominciare per tutti è l’autocoscienza ma la società fa di tutto per difendersi dalla coscienza. Nessuna gerarchia di potere potrebbe essere in una società di donne e uomini liberi. Il potere di difende e tende all’autoconservazione.
A presto