Sulla pelle delle donne

L’ennesima “provocazione”  o meglio l’ennesima violenza sul corpo delle donne, fatta attraverso il linguaggio delle immagini è firmata Oliviero Toscani.

Oggi a Firenze si svolgerà alle 18 a Palazzo Pitti la presentazione dell’ultima fatica di  Oliviero Toscani: un calendario che raffigura nientepopòdimenoche dodici scatti di un pube femminile.

Ma non é tanto lo scatto di un pube femminile  la “provocazione”, siamo ormai allenati e allenate alla rappresentazione delle donne come parti anatomiche, la cosa certo non scandalizza, e OliveroToscani lo sa bene.  La “provocazione” é tutta lì nel manifesto che pubblicizza la presentazione a Palazzo Pitti, del calendario. Pubblicità nella pubblicità.

 Il messaggio, volgare, violento, ripugnante,  è nella scelta dello sponsor e nell’accostamento tra “Consorzio di Vera Pelle Italiana conciata Vegetale” ,  nome dello sponsor, l’immagine del pube e la scritta “Dibattito sulla forza della natura la forza della femmina” posto proprio all’altezza della vagina. Dibattito a cui interverranno: Paolo Crepet, Marina Ripa di Meana e Vittorio Sgarbi,  tre exprezzemolini televisivi affamati anch’essi, come Toscani, di riflettori.

L’insieme del manifesto, disorienta al punto che riesce persino difficile comprendere se lo sponsor esista su serio o non sia inventato apposta, e si fa anche fatica a comprendere che cosa nella realtà venda o produca il consorzio: borse, scarpe, cuoio per divani? La confusione lascia spazio allo scoramento che suscita la volgarità e la violenza di questo gioco di immagini e parole.

Mi arriva diretto alla bocca dello stomaco e mi dico che l’intento era proprio e solo quello: arrivare alla bocca dello stomaco. Mi dico che noi donne, come genere, siamo allenate alla violenza reale o virtuale, e ad incassare pugni reali o virtuali alla bocca dei nostri stomaci. Penso all’ironia che c’é in quella scritta: “la vera forza della natura” posta proprio all’altezza del pube. Perché l’insieme del manifesto comunica tutto tranne che la celebrazione della “forza della natura” femminile. No! La comunicazione va proprio nella direzione contraria:  il messaggio non si limita a ridurre la donna ad una  sua parte anatomica, la parte per il tutto, ma annichilisce anche la parte anatomica  a mero involucro di “pelle conciata” , contenitore vuoto da riempire di sesso o violenza, o da chissà cos’altro. Penso inevitabilmente alle otto donne mutilate dal mostro di Firenze e private proprio del pube, tagliato via; gli inquirenti ipotizzarono forse da un bisturi, o da uno strumento adoperato da conciatori di pelle.  La seconda associazione che immediatamente segue nella mia mente, é la pelle conciata degli ebrei nei campi di concentramento: utilizzata per fare dei paralumi.

Corpi svuotati di umanità, reificati, é  quello che avviene quando la violenza del singolo o di gruppi riducono l’altro a mera cosa da distruggere e da violare.   Mi domando anche per quanto tempo in nome  della provocazione, dell’intelligenza creativa, del diritto ad esprimere un’opinione si possa fare ironia sulla violenza  alle donne, senza alcuno scrupolo che il messaggio possa, se non alimentare la violenza, perlomeno dileggiare i sentimenti di chi quella violenza l’ha provata sulla sua pelle.

Ma l’inviolabilità dei corpi delle donne non é ancora un principio assoluto in nessuna cultura,tantomeno nella nostra cosiddetta evoluta civiltà occidentale. Le oltre cento donne  assassinate in media ogni anno in Italia, o le migliaia di donne violate, stuprate o picchiate dalla violenza di estranei o di  un familiare, ne sono testimoni. così come ne sono testimoni i corpi delle prostitute, straziati da sfruttatori o da clienti.

Le loro storie, tante, trovano spazio in cronaca lo spazio di un giorno, ben diversa eco, spazio e scandalo scuscitò invece l’evirazione di Johnn Wane Bobbit per mano della moglie Lorena: l’inaudita violazione di un corpo maschile per mano di una donna provocò grandissimo turbamento.  I corpi degli esseri umani, nei Paesi civili, sono per principio etico e di legge, inviolabili,  eppure noi donne lo sappiamo bene: sul principio di  inviolabilità dei nostri corpi c’é chi pensa di possa derogare magari  in nome della cultura, o del rispetto degli usi o costumi di altri Paesi,  e la rappresentazione della violenza sui nostri corpi,  può divenire impunemente,  messaggio pubblicitario.

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