La pietà è la moneta di resto da consegnare a chi è chiamato a pagare per le proprie responsabilità e colpe ma a patto che ne paghi l’intero prezzo.
Ma stamattina Massimo Gramellini su La Stampa nell’articolo La prevalenza dello Schettino era già pronto a fare sconti al comandante della Costa Concordia: un “capro espiatorio” che dopo un naufragio causato a sua insaputa, è precipitato su una scialuppa di salvataggio, senza fare file, senza essere pressato dalla folla in preda al panico e all’angoscia per la paura di morire e perdere i propri cari; un destino che invece è toccato alle quattromila persone che erano sotto la sua responsabilità e che sono state abbandonate a bordo della nave e al loro destino.
Tutto questo dopo una manovra idiota fatta per motivi idioti come quello della rotta troppo vicina alle isole per la promozione turistica della crociera, probabilmente su mandato di chi lo aveva messo a quel timone.
C’è chi sta ancora vivendo ore di disperazione perché non sa e forse non saprà mai la fine che hanno fatto figli, moglie, marito, sorella, fratello. Non sono ancora stati recuperati tutti i corpi dei passeggeri e degli innominati che facevano parte del personale di servizio, eppure già è in circolazione un sentimento di clemenza, e mica solo da parte di Gramellini. Lascia perplessi (a dir poco) la concessione degli arresti domiciliari a Schettino, fatta dal Gip dopo le pesantissime accuse della Procura di Grosseto.
L’esortazione di Gramellini di riconoscere lo Schettino prevalente che è in tutti noi, più che un monito a non cercare capri espiatori e scagliare pietre solo se si è senza peccato, mi ricorda che l’autoflagellazione è davvero lo sport preferito degli italiani. Il vizio di compiacersi o auto commiserarci riconoscendoci nei prevalenti Fantozzi, e in tutte le prevalenti mezze figure che vivono nelle storie meschine e miserevoli dell’italiano di turno; la consolazione finale è noi italiani siamo fatti così! E per questo Nanni Moretti rispondeva in un vecchio film ( Ecce Bombo) che Sordi ce lo meritiamo, e a ragione. Il regista romano di queste mediocri figure aveva narrato le azioni con lo stesso sguardo indulgente.
Così non fan o non farebbero (forse) tutti? E’ lo slogan dell’ autoassoluzione nazionale.
Poco importa che quella mezza figura prevalente che è in noi, evada le tasse, colluda con la mafia, coltivi corruzione o clientelismo, cerchi raccomandazioni, asserisca il falso, mieta vittime, o distrugga una nave, la società, la legalità e l’economia di un Paese intero.
Così dopo il Berlusconi che è noi dovremmo riconoscere anche lo Schettino che è in noi, e magari anche le Minetti che sono in noi, gli Scilipoti che sono in noi, e dopo che avremo riconosciuto collettivamente gli aspetti meschini e miserevoli che coabitano in noi, magari fare un bel condono tombale dopo un atto di pentimento: abbiamo una straordinaria collezione di tabule rase della memoria sia nei piccoli che nei grandi drammi nazionali.
Non impariamo mai? Non cambiamo mai?
Ma se una volta tanto invece di riconoscere il prevalente fellone, corrotto, truffatore che è in noi, riconoscessimo l’urlo che è in noi. Lo stesso urlo del comandante Gregorio Maria de Falco, della capitaneria di porto di Livorno, che non è un eroe ma solo uno che ha fatto il suo lavoro e che si è ribellato al comportamento del capitano Schettino, denunciandone il comportamento. Magari perderemmo la nostra indulgenza e anche il vizio dell’autoflagellazione, butteremmo a mare collettive colpe e condoni autoassolutori, diventeremmo più intransigenti ma ci guadagneremmo in dignità, in qualità della vita e molto probabilmente anche in vite umane.
E questo non mi pare affatto un cattivo cambiamento di rotta.