Strasburgo 27 settembre 2012 sarà una data da ricordare: la ministra Elsa Fornero ha firmato a Strasburgo, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conosciuta come Convenzione di Istanbul. L’Italia è il 24° Paese ad averla firmata, seguendo di pochi giorni la firma del Belgio; fino ad oggi solo la Turchia l’ha ratificata nel proprio ordinamento, ma la ministra Fornero ha dichiarato che si impegnerà perchè sia ratificata entro la fine della legislatura. Confidiamo nel suo impegno.
Si tratta di un documento di grande portata perchè definisce la violenza sulle donne come qualcunque atto fondato sul genere che possa provocare danni o sofferenza fisica, psicologica, sessuale, o economica, compresa la minaccia di tali atti; inquadra il fenomeno alla luce di una storica discriminazione tra uomini e donne e riconosce l’uso strutturale della violenza per il mantenimento di una posizione subordinata delle donne nei confronti degli uomini. La portata innovativa del documento riguarda anche la violenza domestica considerata anch’essa come una violazione dei diritti umani: è finito il tempo dei femicidi e delle violenze consumate in nome dell’onore, della tradizione o della religione. “La Convenzione di Istanbul getta le basi per un approccio globale e coordinato al problema della violenza sulle donne ed invita istituzioni, organizzazioni non governative e la società civile ad operare in modo coordinato; dice Titti Carrano – presidente dell’associazione nazionale d.i.re – donne in rete contro la violenza – sollecita gli Stati a cambiare atteggiamento e a superare i limiti culturali che hanno impedito di affrontare i fenomeno abbandonando letture che lo hanno attenuato nella percezione della sua gravità. Finalmente si parla di violenza sulle donne come di violazione dei diritti umani, non solo, le donne vittime di violenza di genere nei loro Paesi d’origine, potranno chiedere asilo politico agli Stati che avranno aderito alla Convenzione”.
La promozione e l’attuazione di politiche in una prospettiva di genere prevista dalla Convenzione riguarda non solo la tutela legale e il supporto delle vittime che dovranno usufruire di qualunque informazione e supporto per poter denunciare la violenza ma anche azioni di prevenzione, di sensibilizzazione e di insegnamento, raccolte dati statistici per l’analisi del fenomeno, costruzione di interventi integrati tra i soggetti che operano per la tutela delle vittime di violenza, risarcimento delle vittime.
Anche i mass media dovranno fare la loro partee nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione dovranno autoregolamentarsi per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità.
Come cambierà la condizione dei centri antiviolenza in grandi difficoltà a causa dell’esiguità dei finanziamenti e per lo scarso interesse politico alla loro sopravvivenza, è ancora presto per dirlo. E’ certo che per una corretta applicazione della Convenzione, l’Italia dovrà favorire la nascita di luoghi di accoglienza per donne vittime di violenza che come spiega Titti Carrano: “In Italia sono a macchia di leopardo e non sono distribuiti in maniera omogenea sul territorio nazionale; alcune regioni italiane non hanno nemmeno un centro antiviolenza. Ma la Convenzione è molto chiara al riguardo: il numero dei centri dovrà essere in numeor sufficiente, facilmete accessibili e che siano un rifugio sicuro per donne e bambini; é anche prevista l’istituzione di luoghi dedicati al supporto delle vittime di stupro con consulenze legali, possibilità di visite mediche, consulenze medico-legai e psicologiche. Su questo aspetto, in Italia abbiamo molto da fare”.
Sulla corretta applicazione della Convenzione vigilerà la GREVIO, una commissione indipendente di esperti ed esperte, che dovrà essere composta con il criterio dell’equilibrio tra i sessi, e che potrà avvalersi della collaborazione di soggetti della società civile, organizzazioni non governative e istituzione nazionali che si occupano di diritti umani.