Da Zero Violenza Donne del 2 gennaio 2013
Oltre cento donne sono state uccise dal partner o dall’ex partner in Italia nel 2012, e ormai anche la stampa comincia ad usare il termine femminicidio concettualizzato per la prima volta dall’antropologa messicana Marcela Lagarde per indicare l’uccisione di una donna che non rispetta un codice di comportamento impostole dalla cultura, dalla religione o dal gruppo sociale di appartenenza.
Secondo le analisi socio-culturali del pensiero femminista, la violenza maschile sulle donne è sempre stata uno strumento di potere e di controllo della libertà e della sessualità femminile. I centri antiviolenza che dalla fine degli anni ‘80 lavorano per sostenere le donne vittime di maltrattamento familiare o extrafamiliare hanno raccolto dati statistici ed analizzato il fenomeno rivelando che è trasversale alle fasce sociali e alle culture, sfatando il pregiudizio che lo stigmatizzava come problema legato ad emarginazione o a patologie psicologiche.
Oggi stiamo assistendo a livello internazionale a movimenti che denunciano apertamente la violenza sulle donne. In Russia ha fatto parlare di sé il movimento delle Pussy Riot, nei Paesi islamici esiste da anni un movimento di donne anche se non se parla abbastanza. Recentemente il Global Fund for Women ha condannato le crescenti violenze nei confronti delle donne avvenute in India, dove da tempo è stato denunciato il fenomeno delle morti per dote; sempre in India si è levata un fortissima protesta contro centinaia di stupri di gruppo avvenuti a Nuova Delhi in un anno, e in seguito al suicidio di una ragazza di diciassette anni dopo la proposta della polizia di sposare o accettare una risarcimento in denaro da uno degli stupratori che aveva denunciato.
Le Nazioni Unite alla fine di novembre hanno approvato una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili. In Europa la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul ) definisce la violenza familiare una violazione dei diritti umani. L’Italia l’ha firmata il 27 settembre scorso e dovrebbe ratificarla nel nostro ordinamento in tempi brevi. Oggi in Italia si parla di violenza sulle donne, il fenomeno è svelato seppure tra inevitabili resistenze e tentativi di rimozione attraverso la negazione, la stigmatizzazione del problema come psichiatrico o nelle forme più retrive colpevolizzando le donne.
Rashida Manjoo la special rapporteur dell’Onu sull’applicazione della Convenzione Cedaw in Italia, nel mese di febbraio ha dichiarato che nel nostro Paese persistono spinte socio-culturali che tentano di negare il problema. Lo rivela anche la recente vicenda di Piero Corsi, il prete di San Terenzo che ha affisso nella bacheca della chiesa un manifestino che aderiva ai contenuti di un sito integralista cattolico che scusava il femminicidio causato da comportamenti delle donne.
Questo non è un caso isolato all’interno della Chiesa cattolica e non riguarda solo una “tonaca impazzita”. Tutt’altro. La colpa della donna come concausa della violenza è condivisa da preti e alti prelati all’interno della Chiesa cattolica. Il 27 dicembre, il centro antiviolenza Olympia de Gouges ha organizzato a Grosseto un flash mob contro la violenza per ricordare i femminicidi del 2012 e nella stessa giornata sul quotidiano Il Tirreno, Giacomo Babini, l’ ex vescovo della città, affermava: “Sono le donne che se la cercano, sono troppo libertine”. Nel febbraio del 2011, Bertoldo Arduino, l’arcivescovo di Foligno aveva formulato le stesse considerazioni sulla violenza alle donne. Le radici della morale cattolica affondano nei testi dei padri della Chiesa ricchi di pagine che descrivono le donne come provocatrici, portatrici della colpa, del male e del peccato.
Nel compendio al catechismo pubblicato e distribuito nel 2005 e curato proprio dall’’attuale papa Benedetto XVI quando era ancora cardinale, l’adulterio, la masturbazione e lo stupro sono considerati peccati contro la castità. Il fenomeno della violenza sulle donne non esiste nella morale della Chiesa cattolica, non è una novità, eppure molto forte è stata la reazione sul web, e gruppi di donne e uomini hanno risposto con una fiaccolata sulla spiaggia e con altre proteste contro le dichiarazioni del parroco.
La reazione immediata è il sintomo che le teorie negazioniste o che colpevolizzano le donne cominciano ad essere ritenute inaccettabili e che il lavoro di sensibilizzazione realizzato dai centri antiviolenza, dal movimento delle donne e da gruppi di uomini impegnati da anni su questo problema, ha cominciato a produrre un cambiamento culturale irreversibile nel nostro Paese. Finalmente in Italia non è più indicibile la violenza sulle donne, è indicibile negarla.