Thanopulos e la violenza di genere: gli stereotipi di uno psicanalista

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Leggendo il post dello psicanalista Sarantis Thanopulos pubblicato su Il Manifesto del 31 agosto 2013  mi è venuta in mente la scultura di De Chirico L’Addio di Ettore e Andromaca . L’ammirai nell’agosto del 2011. in un contesto magnifico, quello di Castel del Monte.  Mi sembrò che fosse appropriatissima per rappresentare la difficoltà della relazione uomo-donna, nella cultura patriarcale. Quella scultura mostra la difficoltà di un uomo e di una donna  di sciogliersi in un reciproco e avvolgente abbraccio.  Per sciogliersi in un abbraccio l’Ettore della scultura, dovrebbe lasciare andare elmo, lancia  e l’armatura e saper accogliere il dolore di Andromaca, lasciandosi andare al proprio.

Thanopulos non è il primo né unico uomo che è irrigidito dalle sovrastrutture di una cultura egemonizzata dalla visione maschile del mondo e  ignora le parole, le voci e le visioni  femminili del  mondo. Su Il Manifesto, introduce l’argomento attribuendo il rigore alle sue argomentazioni e  agli innominati pensiero femminista e  movimento delle donne che hanno denunciato e analizzato da tempo, il problema della violenza di genere, attribuisce  invece pigrizia. Che dire ? Virili rigori e molli pigrizie femminili…a proposito di stereotipi.  

Nei giorni scorsi Loredana Lipperini e Maria Rossi hanno egregiamente destrutturato i contenuti del post di Thanopulos.  A me preme fare alcune  osservazioni in parte condivise con quelle di Lipperini e Rossi.

Trovo singolare che Thanopulos confuti la violenza di genere in virtù della complementarietà di uomini e donne, quando è proprio quella complementarietà uno dei  fondamenti  della violenza contro le donne. Il femminicidio è commesso quando una donna non rispetta aspettative o norme imposte dalla cultura. Quando si sottrae all’obbligo del lavoro di cura affettivo e  assistenziale. Quando vive la sessualità a partire dal proprio desiderio invece di viverla in funzione della sessualità maschile. Quando sceglie di entrare in spazi  tradizionalmente occupati da uomini e riceve ostilità,  perché non può accedervi in nome della condivisione e della partecipazione che arricchiscono e arricchirebbero qualunque società  o comunità.  Le donne pagano un prezzo per ogni confutazione, trasgressione e superamento dei confini della  “riserva indiana” della complementarietà dei ruoli.  Lo psicanalista  che rifiuta tassonomie attribuisce però  alle donne un anticonformismo costitutivo . Ma a cosa dovrebbero “costitutivamente conformarsi” le donne? Ad  un sistema culturale con valori e norme  che escludono il cosmo femminile?

L’origine della violenza contro le donne è culturale, e Loredana  Lipperini ben coglie la contraddizione di Thanopulos  che  invece  la ritiene  suo malgrado,  innata o genetica quando scrive:  “sul versante maschile del desiderio – con la passione di appropriazione che rischia se non è adeguatamente modulata di distruggere ciò che ha tra le mani.” 

E ancora tessendo  il discorso sulla negazione della violenza di genere, scrive  ancora Thanopulos, “Non sono le donne l’ oggetto dell’aggressione, ma la sessualità” .

E la morte delle donne, fisica o psicologica, e gli affetti che lasciano, e i progetti di vita incompiuti,  sono così marginali per questo psicanalista? Corpi a latere, vittime collaterali dell’atto di nero “eroismo” della  distruttività maschile?

Forse è per questo che gli uomini che commettono violenza di genere,  riescono a dire che hanno fatto (solo) “una cazzata , e sopravvivono  eccome,   all’uccisione, alla violenza o allo stupro di una donna.

Nadia Somma

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