A Eretika, Loredana e alle altre: sulla sorellanza femminista

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Stamattina Loredana Lipperini sulla sua pagina Fb condivide un post ricco di spunti di Eretika “Il femminismo bottegaio e la sorellanza di ‘SteOvaie’   e sento la necessità di scrivere di getto alcune riflessioni soprattuto riguardo ad  uno dei punti  affrontati su Abbatto i Muri:” quando dici che non la pensi come loro, semplicemente, ti vogliono violentemente zittire, virtualmente ammazzare. E parlo di morte sociale”.

 Con Eretika ci scambiamo da tempo messaggi su fb. Il nostro incontro è cominciato tempo fa con uno scontro. E’ avvenuto la scorsa estate e pomo della concordia, fu  un mio commento sulla sua pagina Abbatto i Muri. Commentai  in aperta polemica su quanto lei scriveva dell’intervento di Titti Carrano in commissione alla Camera ( presidente di D.i.Re Donne in Rete) sul decreto legge 119, quello sul cosiddetto Femminicidio. So che quella  non sarà l’unica occasione di disaccordo con Eretika come con altre blogger che seguo con attenzione compresa Lipperini, Lanfranco e altre che si troveranno in disaccordo con me, ma so che quando entro in conflitto con qualcuno, vuole dire che questo qualcuno sta dicendo, a torto o a ragione, qualcosa su di me e sulla mia visione del mondo e su tutto ciò che ogni giorno mi spello le mani a costruire con fatica, stanchezza, impegno e anche con gioia. Le domande sono sempre più importanti delle risposte. Vede qualcosa che non sto vedendo? Mi sta rivelando qualche cecità che mi impedisce di fare luce sulla comprensione della realtà in cui vivo?

Non vale la pena allora aprire un confronto per vederci meglio o anche solo per restituire un: “mi sono confrontata e non sono ancora d’accordo con te e te lo spiego raccontandoti quello che vedo”. E poi ricominciare.

Qualche mese dopo quello scontro su Abbatto i muri che abbandonai arrabbiata, abbiamo cominciato a scambiarci messaggi. L’approccio lo fece lei che è capace di abbattere i muri più di me. Sono pigra e sospettosa e per farlo ho sempre  necessità di muovermi con circospezione.

L’occasione furono degli attacchi personali che le venivano fatti da  donne che dissentivano dalla sue opinioni. Molte erano iscritte a gruppi  contro la  violenza alle donne  ma lo scontro tra idee che doveva viaggiare sul linguaggio del conflitto naufragava nel linguaggio della violenza verbale.

Tutti questi anni di relazione con donne che vivono situazioni di violenza mi mettono davanti allo stesso problema: la violenza fisica, psicologica, verbale, sociale scatta sempre quando non si è capaci di attraversare i conflitti senza scivolare nell’attacco personale, nello svilimento dell’altro/a, nella sua umiliazione, isolamento o nell’ucciderlo fisicamente o virtualmente o nel procurargli del male.

Quanta fragilità c’è quando le proprie idee e la propria identità dipendono dall’approvazione e dal giudizio dell’altro? Se l’altro attacca le mie idee ed io sento che sono vanificate e sconfitte e il mio mondo annientato e minacciato allora devo rispondere con un azione reale o virtuale di annientamento per proteggerle e tutelare me stessa o me stesso. In queste dinamiche c’è la percezione che il potere risieda al di fuori di me, non lo posseggo, solo l’altro lo detiene. Ed è così che attuiamo “legittime difese” che sono attacchi feroci contro l’altro. Ma questo non porta a nulla perché anche se avrò ferito, sconfitto, umiliato l’altro resterò sempre una persona che attribuisce la forza al di fuori di sè. Entra in gioco come sempre la relazione col potere: quello che attribuisco all’altro, quelle che ho o penso di avere e  quello che ho paura di perdere.  Tra vittime di violenza e chi la attua c’è anche questa dinamica ma è evidente che sono anche dinamiche che riguardano ogni donna e ogni uomo in relazione col mondo.

Ma allora come possiamo dirci attenti al problema della violenza se poi siamo dentro le stesse identiche dinamiche?

Scrive Eretika che la sorellanza non esiste e che è delusa.  Nei giorni scorsi le scrivevo che la sorellanza  tra donne non può esistere per il solo fatto che si sia donne ma deve essere costruita. Non so se dipenda da  una questione di carattere culturale, sociologica o storica: la conservazione di privilegi è un magnifico collante e raramente lo è la condivisione di disagi o discriminazioni a meno che non ci sia un forte lavoro di consapevolezza e coscienza. Eppure raramente ho incontrato la sorellanza tra donne sia fuori che dentro gli ambienti femministi. Con alcune siamo state compagne di viaggio, con altre lo siamo ancora, con altre ancora non voglio proprio avere più niente a che fare ed ho interrotto qualunque relazione. Sono sempre stata in bilico tra convincere me stessa dell’importanza della sorellanza e la diffidenza che nutriva il sospetto che anche la sorellanza fosse una trappola della cultura patriarcale o meglio di quel sessismo benevolo per cui noi siamo diverse, migliori degli uomini perché diamo la vita e bla bla bla e quindi tra noi dobbiamo essere rispettose, attente e solidali, curare l’affetività, curarci tra noi  perché condividiamo la stessa condizione eccetera.

Non voglio coltivare l’illusione che le donne siano migliori, non voglio farmi piacere a tutti i costi donne solo perché donne, voglio sentirmi libera di stare in conflitto con le donne e con gli uomini e voglio persino costruire muri invece di abbatterli, anche solo per prendere fiato per un pò e schiarirmi le idee,  ma se mi dico contro la violenza non posso far diventare il  conflitto una guerra di annientamento dell’altra o dell’altro.

Penso si debba fare un lavoro di equilibrio proprio come quegli acrobati del circo che stanno in piedi oscillando su tavole appoggiate su  barattoli. E’ esercizio, è autocoscienza, è manutenzione, è saper trasformare la rabbia in qualcosa che non sia distruttivo, è oscillazione su diversi equilibri, è gioco di prestigio.

 Ed è ancora, un continuo lavoro di coscienza di sé.

Forse per realizzare la sorellanza dobbiamo fare un gioco di prestigio: dubitarne ma insistere a praticarla.

 twitter @nadiesdaa

2 pensieri riguardo “A Eretika, Loredana e alle altre: sulla sorellanza femminista

  1. Sono una blogger e scrivo soprattutto di temi di genere. Scrivo libri, soprattutto su temi di genere. Mi chiedono spesso… “perché? perché parli sempre di donne?”. Beh… forse perché sono donna, forse perché credo nelle donne, forse perché vorrei capire meglio le dinamiche delle relazioni al femminile. E forse perché credo nella sorellanza. Ci credo, nonostante tutto. Anche quando lo scontro si fa duro. Perché spero sempre che poi nasca l’incontro.

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