Le tecnologie ci illudono di essere più evoluti e civili ma si rivelano, spesso, strumenti sofisticati con i quali esprimiamo antiche inciviltà o sentimenti immondi. Irridiamo alla morte e incitiamo alla violenza sul web come se fosse un grande videogioco perché siamo convinti che la tastiera sia innocua e che non sia un’arma.
L’assassino un’arma l’ha impugnata davvero perché come altri uomini che lo hanno preceduto non ha tollerato la separazione della moglie e i sentimenti di abbandono e solitudine.
Ha ucciso perché non pensava che una donna possa scegliere, possa dire di no, possa sottrarsi alla relazione, possa opporsi al volere e alle aspettative altrui.
Quelle centinaia di utenti facebook che hanno cliccato “mi piace” non conoscevano le reali intenzioni di quell’uomo ma ne condividevano il sogno che esige l’infinito sacrificio del femminile. Nella cultura del femmicidio le donne hanno il dovere di aderire al sogno e gli uomini hanno il diritto di accarezzarlo e le “troie” che non si adeguano devono essere punite. Per questo Maria è morta in mezzo a un coro di “mi piace” per la sua legittima e bella ricerca della felicità.