Appello. La stampa che giustifica la violenza sulle donne è irresponsabile

No Raptus

Il 19 luglio scorso Loretta Gisotti, 54 anni, è stata assassinata dal marito. L’uomo l’ha presa a martellate e l’ha finita strangolandola.

Sul quotidiano La Provincia di Varese, a firma di Simona Carnaghi, sono usciti due articoli così intitolati: “Lei era sempre critica con Roberto e “E’ riuscita a distruggermi la vita. Ha vinto lei, vi chiedo perdono.

Gli articoli giustificano la violenza compiuta dall’uomo, colpevolizzano la vittima e, in un rovesciamento dei ruoli, empatizzano con l’assassino, evidenziandone la sofferenza.

Nel primo articolo si parla di una coppia normale che stava per andare in vacanza, nel secondo invece di una coppia che era già separata. Secondo la giornalista una critica non gradita nei confronti di un uomo sarebbela goccia che fa traboccare il vaso” e può quindi portare al  massacro di una donna come fosse un evento del tutto comprensibile se questa osa entrare in conflitto col marito.

Una narrazione che normalizza il femminicidio. La descrizione dei fatti si fonda sulle  dichiarazioni dei vicini di casa o su quelle dello stesso assassino senza alcun approfondimento. Viene evidenziato il dolore (comprensibile) della madre del femminicida ma si tace su quello dei familiari o amici, della vittima, come se non avessero anch’essi un lutto da affrontare.

Nell’articolo ricorre, poi, il fantomatico “raptus” anche se l’Associazione nazionale degli psichiatri italiani ha detto da tempo che non esiste.

L’articolo 17 della Convenzione di Istanbul che responsabilizza i media per cambiare la cultura della violenza è palesemente disatteso, nonostante da anni si parli di cambiare il linguaggio della stampa nei casi di violenza contro le donne, nonostante l’impegno della rete di giornaliste Giulia, che nel 2014 realizzò il  video Io me ne curo per sensibilizzare i mass media ad adoperare un linguaggio che non rimuova la gravità della violenza contro le donne

Eppure continuiamo ad imbatterci in articoli come questi.

Quello che scrivono i giornali incide così come quello che racconta la tv.

Se in un articolo di giornale o in un servizio tv che racconta la violenza subita da una donna, o un femminicidio, si sottolinea come era vestita, o se era antipatica, criticona, poco carina con il marito, le si fa violenza un’altra volta, o la si uccide di nuovo.

Se si insinua che, in fondo, se l’è cercata le si fa violenza, o la si uccide, di nuovo.

Se si parla di delitto passionale, di raptus, la si violenta o uccide di nuovo.

Le parole non sono neutre, e chi fa giornalismo ha una enorme responsabilità nella lotta, o nella conferma, degli stereotipi che alimentano la violenza.

L’informazione consapevole comincia da chi la fa, quindi dalle giornaliste e dai giornalisti, che sono la prima linea della buona o della cattiva informazione, che a sua volta è parte fondante della formazione delle coscienze individuali e collettive.

La serie di articoli pubblicati dal quotidiano la Provincia di Varese è un esempio vergognoso e ripugnante di come non dovrebbe mai essere trattata la cronaca di un femminicidio.

Per aderire scrivete a nadiasomma@alice.it o potete aderire nello spazio dei commenti del blog. Potete anche partecipare a mailbombing alla redazione: redazione@laprovinciadivarese.it  allegando se volete appello e firme.

 

Monica Lanfranco, Nadia Somma, Giulia Giornaliste, Simona Sforza, Suny Vecchi Frigio, Anarkikka, Antonella Penati di Ass. Federico nel Cuore, Donatella Martini, Barbara Bonomi Romagnoli, Luisa Garbatelli Rizzitelli,Veronica Mira, Barbra Bellini, Imma Cusmai, Ombretta Toschi, Ass.Demetra donne in aiuto, Stefano Marullo,Michela Bianca Nocera,Se Non Ora Quando Napoli,l’Associazione TerradiLei,One Billion Rising Napoli, Irma Lovato Serena, Giulia Laboranti, Cristina Barbieri, Rossana Ciambelli, Clelia Delponte, Donata Villari, Ilaria Nassa, Federico Raffaelli, Silvia Cattafesta, Daniela Tuscano, Pamela de Lucia,  Giusi Dessy, Laura Marrucci, Weruska Mannelli, Katia Cazzolaro, Yoghi Paola Gualano, One Billion Rising Rimini, Michela Prando, Gabriella Bifarini, Franco Barbuto, Andrea Mazzeo Fazio, Agata Manfredi,  Federico Raffelli, Maria Rossi, Roberto Peduto, Tilde Macinelli, Olinda Alò, Tiziana Scarano, Monica Mantivani, Manuela Evangelista,Nunzia Tuberosi, Simona Spaggiari, Marco Holsen,Claudia Varcich, Daniela Benvenuto, Carla Stancampiano, Daniela Iori,Cristina Rubagotti, Karen Ka, Monica Matticoli, Ernesto Sferrazza, Paola Sacchiero, Sara Paoli, Caterina Mion, Nabila Di Pilla, Sara Michieletto, Giovanni Moia, Stefano Dall’Agata, Aurora Munarin, Stefania Prandi, Stefania Spisni, Ornella Guzzetti, Michela Prando, Silvia Cattafesta, Inma Mora Sanchez, Veronica Mira, Vera Bessone, SOS Donna – Faenza, Cinzia Boffi, Christian Sarno,Viviana Elisabetta Gabrini, Paola Tavella, AnnaMaria Passaggio, Isolina Mantelli, Rompi il Silenzio – Centro antiviolenza – Rimini, Pasionaria.it, Manuela Fedeli, Sonia Balzani, Maura Musci, Francesca Cau, Fiamma Lolli, Luigina Pompei, Emanuela Valente, Claudia Forini, Valeria Bucchetti, Alessandra Novarese, Loretta Gisotti,Maurizio Lavore, Maria Grazia Borla, Danila Zangarini, Sabrina Sisto, Telefono Rosa Mantova, Catia Morellato, Alessandra Vanni, Chiara De Baggio, Luisa Giannitrapani, Francesca Genovese, Anna Meli, Valerio Prigiotti, Giovanna Covi, Annamaria Bercini, Laura Belloni Somzogni, Katia Menchetti, Elisabetta Santoni, Paola Dalle Molle, Guglielmina Cucci, Chiara Cristini, Marika Saccomani, Carta di Pordenone, Comitati territoriali Snoq di: Lodi, Cremona, Varese, Pioltello, Cesano Maderno, Bergamo, Salerno, Ancona, Torino, San Donà di Piave, Cava dei Tirreni, Cerveteri

(l’elenco delle firme  è in continuo aggiornamento)

95 pensieri riguardo “Appello. La stampa che giustifica la violenza sulle donne è irresponsabile

  1. Condivido pienamente , anche i titoli che parlano ” donna uccisa da…” e non invece “duomo che uccide”..soggetto che compie l’azione, inducono ad una distorsione dei fatti e confermano gli stereotipi che portano alla violenza.

  2. Aderisco, grazie mille…
    sarebbe bello aprire una specie di osservatorio dei media per denunciare sistematicamente questa comunicazione distorcente e che infanga la memoria e la verità sulle donne assassinate da uomini.

  3. Aderisco e ho già scritto un commento di indignazione all’articolo della signora Carnaghi su La Provincia di Varese

  4. Condivido in pieno e sottoscrivo. Nulla e’cambiato purtroppo dal “processo per stupro” degli anni settanta. Susanna

  5. Io sono brutta,antipatica e ipercritica,ho due lauree,un lavoro ptestigioso,non ho figli,non sono,sposata,ho una vita sessuale promiscua,sono omosessuale,sono bisessuale,indosso la minigonna,vado in discoteca,viaggio da sola….
    Quindi mi chiedo seriamente non “se” ma “quando” verrò stuprata e/o ammazzata per questo.
    Perché con un “profilo” del genere é “normale” suscitare le ire,le gelosie,le invidie,le insicurezze,le pulsioni sessuali di un povero maschio soverchiato e/o provocato da tanta sfrontata libertà di una donna.
    Ho già scelto di venire cremata.
    Sbattete pure la mia foto sui giornali e indagate pure sulla mia ambigua vita sessuale,misurate la lunghezza della mia gonna,psicoanalizzate il mio desiderio di non aver figli,denigrate il mio essere forte e volitiva in modo da poter giustificare il mio futuro assassino…
    Ma solo una cosa vi chiedo: non piangete lacrime di coccodrillo perché della pietà di chi è complice del mio assassinio io e la mia famiglia non ce ne faremo assolutamente un bel niente.

  6. Io firmo. E accrescendo che sarebbe buono formare i giornalisti anche sul tema della Violenza Psicologica contro le donne. La grande parte della popolazione italiana (incluso DONNE, giudici, Istituzione giuridiche e di sicurezza ) non sanno cosa sia.

  7. Sono due giorni che provo registrarmi per commentare articoli sul questo FEMMINICIDIO e non riesco. Il giornale avrà chiuso le nuovi registrazione?

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