Sono trentadue le donne uccise in Italia dall’inizio dell’anno insieme ad otto dei loro congiunti. Figli, fratelli, madri:uccisi insieme a loro o per vendetta.
Da questo nero elenco mancano le donne scomparse, quelle i cui corpi affiorano dopo anni in qualche fossa, discarica o bosco, e che sono irriconoscibili.
Mancano anche i nomi di quelle che dopo anni di maltrattamento si suicidano anche indirettamente con l’abuso di alcol, droga, farmaci a cui si aggrappano per sopravvivere alle violenze.
La violenza sulle donne e il femicidio sono in aumento costante dal 2005 mentre diminuiscono gli omicidi legati alla criminalità. Nel 1992 rappresentavano “solo” il 15% degli omicidi totali e nel 2006, i femicidi, sono arrivati ad essere il 26%.
Negli ultimi sette anni sono state 687 le donne uccise: 127 donne nel 2010, 137 donne nel 2011. L’Italia che già si distingue in negativo con il 74° posto per condizione di vita delle donne, non ha ancora istituito un osservatorio anzionale sulla violenza alle donne mentre il piano nazionale sulla violenza non è ancora diventato legge.
In questo scenario i centri antiviolenza ed i servizi come ad esempio lo sportello dell’associazione Befree aperto 24 ore al giorno al San Camillo di Roma, chiudono o sono depotenziati per mancanza di finanziamenti o accade che i fondi destinati ad essi, sono devoluti alla curia, come è accaduto in Abruzzo.
Va male anche sul fronte della comunicazione. La stampa e la televisione attraverso messaggi pubblicitari, veicolano l’immagine delle donne come corpi inerti, svuotati di soggettività da usare sessualmente o su cui usare violenza. L’associazione Donne pensanti ha realizzato, lo scorso anno, il video La vie en rose con una galleria di immagini che lascia senza parole. Un messaggio svilente arriva nelle nostre case anche con i programmi della tv-pazzatura: la “bella silente” o “bella oca” è il modello di donna che viene proposto in maniera quasi ossessiva, con seni, glutei e gambe sempre in mostra.
E quando i media si occupano della denuncia del fenomeno della violenza sulle donne adoperano un linguaggio che occulta la matrice culturale del fenomeno: quella di una società patriarcale in crisi irreversibile che è incapace di accettare e riconoscere la libertà delle donne e la dignità delle donne.
Proprio ieri Michele Serra, nel suo inserto l’Amaca a proposito del linguaggio dei telegiornali ha scritto:
Perché gratificare di ‘passione’ questo nazismo maschile che ogni anno produce, solo qui in Italia, un vero e proprio olocausto di femmine soppresse solo perché non vogliono più appartenere (come bestie, come cose) ad un padrone, e per giunta ad un padrone violento? ‘O mia o di nessuno’ dice il boia di turno ed è la perfetta sintesi di una cultura arcaica e mostruosa..
Il linguaggio adoperato infatti è sempre quello: delitti passionali, raptus di gelosia, oppure la parola violenza o stalking sparisce inghiottita dentro le parole violenti litigi, o rapporto conflittuale.
Tale arretratezza culturale nel narrare o rappresentare la violenza sulle donne si riflette anche nell’inadeguatezza della politica italiana a fronteggiare il fenomeno.
Le misure fino ad adesso adottate dai governi vanno nella direzione di rafforzare la sicurezza delle donne, invece, si avrebbe bisogno di affrontare la questione da un punto di vista politico e culturale mettendo poi in campo interventi a diversi livelli: azioni di sensibilizzazione adeguate con messaggi corretti, finanziamenti dei centri, cambiamenti di approccio alla violenza all’interno dei servizi sociali, protocolli di intervento per le forze dell’ordine, interventi sui maltrattanti ecc.
Recentemente il comitato Cedaw ( Convenzione per l’eliminazione della disciminazione delle donne ratificata dall’Italia nel 1985 ) sulla base delle informazioni fornite nel rapporto Ombra da attiviste italiane. ha ammesso che lo Stato italiano potrebbe essere responsabile per l’aumento dei femminicidi per non aver attuato politiche idonee a contrastare la violenza maschile e per non aver tutelato sufficientemente le donne.
L’altro ieri, la ministra delle pari opportunità Elsa Fornero, all’uscita da un convegno dal Palazzo di Giustizia di Torino, ha parlato di tragedia quotidiana ed ha dichiarato che l’Italia è indietro, troppo indietro .
Potremo aspettarci passi avanti da questo governo?