Il cartellone di Potenza e la pessima comunicazione sul femminicidio

manifesto Potenza

Se la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci  l’ironia o meglio la scusa dell’ironia è diventata recentemente l’ultimo rifugio degli imbecilli. La frase Amore ma se mi uccidi dopo chi picchi  che giganteggia su un  cartellone affisso  da giorni sui muri di Potenza ha fatto infuriare le attiviste per i diritti delle donne e dei Centri antiviolenza. L’intento era quello di  promuovere attraverso “la provocazione”  (e l’ironia… e come no?) un convengo che si terrà il 13 aprile nel Cortile del Museo Archeologico Nazionale del capoluogo basilicatese per sensibilizzare sul tema del femminicidio. L’iniziativa  ha anche ottenuto il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati, del Consiglio regionale, del Comune di Potenza, dell’Asp e dell’Azienda Sanitaria San Carlo ( e anche di di Sinergie lucane, Banca Monte Pruno, Sportello Diapason e Forma pop).

 Ivana Pipponzi, Consigliera di Parità della Regione Basilicata  ha chiesto l’immediata rimozione del cartellone sostenuta dall’associazione nazionale D.i.Re, dall’Associazione Telefono Donna e dalla Casa rifugio Ester Scacciardone di Potenza.

Amore, ma se mi uccidi dopo chi picchi? è anche il titolo di un video promosso dalla Regione Campania, dal Comune di Napoli, dall’associazione Centro Dafne Codice Rosa dell’ospedale Cardarelli di Napoli e dall’ E.A.V (Ente Autonomo Volturno). Vi recita  l’attrice comica (Rosalia Porcaro)  che impersona una donna vittima di violenza  familiare che ripete la frase più volte rivolgendosi al marito violento.

 

” Amore ma se mi uccidi poi chi picchi?”

 

 

 

 

Sia il manifesto che il video sono un pessimo anzi direi un orrido esempio di comunicazione sul femminicidio perché rappresentano le donne che vivono situazioni di violenza come soggetti deboli, inconsapevoli, stupidamente rassegnate fino alla morte. Nel video, una donna ironizza sulla propria sorte e subisce violenze sempre più gravi scusando  il marito e mettendo in atto una fallimentare strategia di sopravvivenza che la porta alla morte.

Nell’ultima sequenza mentre una sedia scompare in dissolvenza la voce della donna dall’aldilà, scusa ancora l’assassino e copre come un incidente il proprio assassinio.

Mi domando che tipo di sentimenti e riflessioni possono  suscitare sia il manifesto che il video?

Questa è una comunicazione che colpevolizza le donne  invece stigmatizzare chi commette violenze e non invia nessun messaggio positivo. Nel video  l’autore di maltrattamenti è  rappresentato come un individuo rozzo e ignorante, un nullafacente dedito solo a guardare il calcio e a picchiare la moglie riproponendo lo stereotipo sui violenti che invece sappiamo che sono in qualunque fascia sociale ed economica. 

 E’ anche noto e anzi arcinoto che le donne sono a rischio di essere uccise quando decidono di chiudere la relazione o denunciano ed è proprio in quel momento che le istituzioni alle quale si rivolgono per chiedere aiuto devono sostenerle e dare risposte efficaci.  Insistere sulla collusione delle donne con i violenti è un’operazione sciocca che non tiene conto dello svelamento della violenza che le donne invece fanno frequentemente.

Messaggi come quello del cartellone e del video sono pessimi perchè  banalizzano e veicolano lo stigma contro le stesse vittime e non offrono nessuna riflessione  sulla responsabilità degli autori di violenza o delle istituzioni per  quelle volte che restano cieche e sorde.

Quali convinzioni rafforza il cartellone di Potenza? Qua ve ne offro un esempio:

cattivissima

Peggio di così non si poteva fare!

@Nadiesdaa

 

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