
La magistratura accerterà fatti e abusi di potere emersi dall’inchiesta Angeli e Demoni sui minori in affido nella Val D’Enza e l’Ausl Reggiana, e ci vorranno ancora mesi per capire se le ipotesi di reato che hanno coinvolto assistenti sociali, dirigenti dell’ausl, psicologi e psicoterapeuti, avvocati e anche il sindaco di Bibbiano saranno confermate, ulteriormente aggravate o ridimensionate. L’inchiesta ha scosso l’Italia ed ha messo in discussione il sistema istituzionale e del privato sociale che dovrebbe tutelare l’infanzia. Le ipotesi di reato sono gravissime: frode processuale, abuso d’ufficio, maltrattamento di minori, violenza privata, depistaggio, falso in atto pubblico, tentata estorsione, peculato d’uso, gli indagati sono ventisette.
Questa potrebbe essere l’occasione per migliorare gli interventi istituzionali con una formazione adeguata di assistenti sociali, magistrati, psicologi e psicoterapeuti, supervisione, verifiche dell’operato delle istituzioni e maggiori garanzie per chi è colpito da provvedimenti di allontanamento dei figli, eppure c’è chi strumentalizza questa inchiesta delicata e complessa e fa sciacallaggio per attaccare a 360 gradi gli interventi a sostegno delle vittime di violenza famigliare con motivazioni ideologiche. La famiglia non è sempre il luogo di affetti è anche il luogo dove si sperimentano, fin da piccoli, violenze e abusi commessi da chi dovrebbe dare amore e protezione. La cronaca, tra maggio e giugno, ci ha travolto con le notizie di maltrattamenti, torture e abusi commessi su bambini e bambine, in tenerissima età. Sei di loro sono stati maltrattati e uccisi dal padre, dalla madre o per mano di entrambi i genitori, tutte e tutti sappiamo bene che sarebbero vivi se fossero stati tolti a famiglie violente. A Cremona, la piccola Gloria è stata uccisa a coltellate dal padre. Il servizio sociale gliel’ha consegnata nonostante fosse stata messa in protezione insieme alla madre che aveva denunciato per maltrattamenti il padre della bimba. Nel 2018 sono stati 31 i bambini uccisi in famiglia con un incremento del 47% rispetto all’anno precedente (dati Eures) perché la violenza nelle famiglie esiste e fa vittime questo nessuno lo deve dimenticare.
Non sono i rapporti di parentela a fare una famiglia ma la qualità delle relazioni e la famiglia non va idealizzata e pensata in maniera astratta (non esiste la famiglia ma le famiglie). Esistono i conflitti familari e la mediazione può essere una delle soluzioni da proporre in situazioni di difficoltà ma non può essere l’unica e la sola risposta. I sostenitori della mediazione come risposta a qualunque situazione sono convinti che la concordia possa essere imposta a prescindere dagli squilibri e dalle disparità di forza che ci possono essere in famiglia. Ma esiste anche la violenza e il maltrattamento familiare (ricordo che la Convenzione di Istanbul vieta la mediazione in caso di violenza familiare). E ci sono le violenze sui minori e in quel caso si deve provvedere con l’allontanamento dal luogo dove avvviene la violenza e l’abuso. L’illusione di mantenere esattamente come prima legami che sarebbe opportuno allentare o spezzare è pericolosa e non è un caso che il Ddl Piillon, legato ad una ideologia conservatrice tesa fare della famiglia un luogo extragiudiziale dove nessuno deve entrare, prescriva che anche nei casi di esclusione dall’affidamento dei figli per gravi motivi, ai genitori debba essere comunque garantita la frequentazione con i figli ma questa è una forma di neopatriarcato che mira a ridare potere a autorità al padre.

Da questo punto di vista è interessante il pistolotto contenuto nel comunicato stampa dall’associazione Gesef (Genitori separati dai figli) intriso di nostalgia canaglia patriarcale, misoginia e visione subalterna del ruolo materno e naturalmente non poteva mancate l’ostilità verso i luoghi che accolgono donne vittime di violenza maschile. Nel comunicato Gesef lamenta come “ l’autorità paterna sia stata esautorata dalle proprie funzioni” dimenticando che la patria potestà sia stata abolita nel 1975 e sostituita con la responsabilità genitoriale che investe in maniera paritaria madre e padre. Se scrivi di autorità paterna stai inevitabilmente rispolverando l’ideale della famiglia patriarcale dove la madre e figli sono in posizione subordinata. Gesef stigmatizza anche la mala gestione del welfare attribuendone però le cause alla componente “femminile delle istituzioni” (te pareva?). Infine invoca “più famiglia” ma senza specificare a che famiglia si sta riferendo e a quali relazioni.

Dall’altra parte c’è stato chi, come l’ex giudice del Tribunale dei Minori di Bologna, Francesco Morcavallo, ha denunciato in passato pessime prassi, abusi di potere e conflitti di interesse, e ha combattuto contro il ricorso facile all’allontanamento dei minori dalle famiglie anche quando sarebbe stato possibile individuare strategie alternative per evitarlo.
In una situazione così complessa e problematica, infastidisce e non poco, l’ipocrisia di coloro che oggi, dopo l’inchiesta di Reggio Emilia, denunciano l’inserimento facile di bambini nelle Case famiglia. Sono proprio quelli che per anni hanno con forza sostenuto il prelievo coatto e violento e l’inserimento dei bambini nelle Case Famiglia in nome di una patologia mai scientificamente provata. La pas, poi diventata ap, poi conflitto di lealtà e anche altro e che continua ad essere diagnosticata dalle CTU nei nostri tribunali con la prescrizione di inserire bambini nelle Case famiglia. Tutto questo continua ad avvenire anche se ben due sentenze della Cassazione, la prima del 20 marzo 2013, e la seconda dello scorso mese di maggio, hanno negato scientificità alla pas o ap. Nello stesso ddl 735, cosiddetto Pillon, si parla espressamente, all’articolo 18, di “strutture specializzate” ma solo per i casi di alienazione genitoriale. In Italia e non solo, l’accusa di pas è diventata un cavallo di Troia che ha causato l’allontanamento di bambini dalle madri tutelanti che hanno pagato lo svelamento di violenza con la perdita dei figli. Quindi prestiamo attenzione. Tra coloro che si scandalizzano per l’inchiesta di Reggio Emilia ci sono molti ipocriti che non vogliono migliorare un sistema di tutele per i bambini e nemmeno eliminare gli abusi di potere e gli autoritarismi istituzionali che sono avvenuti nei Tribunali dei minori e non solo a Reggio Emilia. Al contrario, vogliono imporre il loro sistema autoritario.
@nadiesdaa
pubblicato anche sul blog Padri in Movimento
Sono un padre a cui le istituzioni hanno sottratto la figlia di 20 anni adesso ne ha 25 da 5 anni Barbara è privata della libertà e della sua dignità senza avere mai commesso in vita sua nessun reato, aveva chiesto solo di curare la sua depressione presso l’Asl di appartenenza per un periodo max di tre mesi ci fecero firmare dei documenti alla presenza del giudice tutelare che nominò un un’amministratore di sostegno temporaneo, divenuto in seguito a tempo indeterminato a nostra completa insaputa. Fatto è che Barbara non la vogliono più dimettere sono passati quasi 5 anni nel frattempo abbiamo nominato due CTU, io sono stato diffidato dal giudice e denunciato per oltraggio solo perché ho chiesto in udienza di riavere mia figlia a casa. Possiamo vedere Barbara una volta al mese con un operatore e’ una vera indecenza adesso sto cercando un un’avvocato penalista per fare ricorso alla corte europea di Strasburgo.
È una vergogna, solo in Italia accadono queste cose.Il sistema è marcio non solo a Bibbiano ma in tutta Italia. Venite a Teramo di questi casi ce ne sono a centinaia. Bisogna togliere i fondi statali miliardi di € alle case famiglia e ai centri di recupero o terapeutici e assistere la famiglia attraverso associazioni onlus o direttamente.